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L'EDITORIALE di oggi: Pinocchio, cattivo maestro!

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Il commento di oggi è affidato alla penna del nostro conterraneo dott. Ciro Altea

In questi tempi di sparizioni, oltre ai ghiacciai, alle spiagge, ai pomodori col gusto di pomodoro, alle videocassette,  ai capelli cotonati e alla lacca, è sparita anche la scuola. 

No, di certo. Essendo Ottobre la scuola è ricominciata. Sembrerebbe sparita, però. Nessuno ne parla più E visto che oggi i politici fanno politica seguendo i like dei loro follower dovremmo a malincuore dedurne che il tema scuola non interessa agli italiani, cioè a nessuno di noi  o a ben pochi, oltre ai genitori. Che dire? Parlarne può essere di una sconcertante inattualità, lo so. Ma le parole non sono irrilevanti, sono idee, se usate non a vuoto. E senza idee si muore. Dunque che il mio Paese non abbia più parole, e idee, sulla scuola mi fa un’enorme tristezza.

Difficile fondare o rifondare qualcosa se non si parte dall’istruzione, dai libri, dallo studio, dall’esercizio del pensiero. Difficile fare andare avanti il mondo se non si pensa a coltivare le menti degli esseri umani fin dalla loro tenera età: età scolastica, appunto.

Non sono docente. Invece, mia moglie ha speso la vita lavorativa per l’insegnamento di “Lettere”. E il tema mi sta sempre molto a cuore. Quest’anno, per la prima volta, mi coglie una preoccupazione nuova. Ho letto dai giornali che alcuni insegnanti vogliono fare politica a scuola, insegnare l’antirazzismo, per esempio, l’antifascismo, l’antibullismo, la solidarietà, la democrazia, la legalità, il pacifismo … Grandi valori, lodevoli propositi. Ma … avrei qualche obiezione.

Per dire, non credo che l’antirazzismo si possa “insegnare”, ecco. L’amore, la generosità, il rispetto, l’altruismo non si insegnano. Non funziona in modo così scoperto, diretto. Non è dicendo che non bisogna essere “razzisti”, e dicendolo con appositi convegni, prediche più o meno laiche e murales, che otterremo che la gente non sia “razzista”. Credo, anzi, che la lezione morale, inevitabilmente retorica e pedante possa, addirittura, in certi casi, suscitare l’effetto contrario. Pinocchio, ricordiamolo, prende a martellate il Grillo Parlante.

Capisco la solitudine degli insegnanti, sempre più abbandonati a sé stessi, ricattati dalla maleducazione dei genitori, non adeguatamente retribuiti. Capisco quegli insegnanti che vorrebbero cambiare il mondo, migliorare l’umanità, eccetera, di fronte alla decadenza culturale, morale e politica e si sentono animati di nobili propositi educativi.

Ma far politica nelle scuole, siamo sicuri che sarebbe la via giusta? Forse gli insegnati dovrebbero limitarsi a fare lezioni, il loro più vero impegno “politico” sta proprio in questo: non privare i giovani della cultura, dar loro il massimo delle conoscenze, a al livello più alto possibile, perché questo li renderà “umani”. I libri non sono per imparare, per studiare. Sono per la vita, ha detto Inge Feltrinelli. La vita di una persona in tutta la sua pienezza e complessità, nutrita dai libri, dal sapere che diventa possesso personale, unico. Allora sì, in questo senso, la cultura rende davvero umano un essere umano. La cultura scolastica prima di tutto, che è quella che si acquisisce lentamente negli anni dell’infanzia e giovinezza. Studiando, sì, le “Materie”. Storia, Geografia, Letteratura, Matematica, Filosofia, Fisica, Chimica. E leggendo i libri (“…estensioni della memoria e dell’immaginazione …” J.L. Borges). E’ attraverso le opere dei grandi scrittori scienziati e artisti: Dante, Mozart, Einstein, Freud, Van Gogh, Keplero che da studenti impariamo i valori più nobili. Ed è  facendo lezione che, da insegnanti,  incidiamo nella mente dei ragazzi, insegniamo loro  – ma in modo indiretto! – a essere rispettosi, generosi, altruisti, misericordiosi … E non razzisti! Senza bisogno di parole dirette, predicanti, piccole e vane.

La cultura apre orizzonti temporali molto vasti. E’ spazio senza confini. E’ parola non faziosa e non attuale. E’ libertà assoluta di pensiero.”