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L'EDITORIALE di oggi: L'Illusione della Democrazia Diretta

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Il commento di oggi è affidato alla penna del nostro conterraneo Sabato Limonciello

La diffusione capillare dei Social Network ha dato l’illusione a tanti di poter influire in maniera diretta nelle scelte politiche e sociali. Ma, se è vero che Internet ha dotato quelli che usano questi strumenti di mezzi potentissimi, fino a qualche decennio fa sconosciuti, non ha però diffuso una coscienza ed una consapevolezza tale da farne coglierne il reale impatto e le possibili strumentalizzazioni e fascinazioni. 

Attraverso la tastiera del computer o dello smartphone si può, potenzialmente, interagire addirittura col Presidente della Repubblica. Ma questa è Democrazia? 

Niente affatto! Intanto sappiamo che i profili social delle personalità pubbliche sono generalmente gestite da personale addetto che si limita, nella migliore delle ipotesi, a replicare a qualche commento o fornire qualche informazione; ma anche se il profilo fosse gestito dall’ interlocutore effettivo, sarebbe comunque di parte (la sua) la eventuale sintesi che farebbe degli interventi. Nel senso che, nel dialogo che avviene sui social, non c’è quasi mai una discussione vera (come avviene nelle sezioni, nelle piazze o nei consessi pubblici): ognuno porta avanti una sua tesi, che si mescola con altre (spesso travisata). In un pot-pourri di frasi che, nella migliore delle ipotesi, lasciano ognuno della propria opinione. Quando invece non scantonano in vere e proprie risse verbali, con annessi insulti e minacce. 

Ma la rete viene anche utilizzata, da alcuni partiti, per “consultare la base”: con primarie on-line, proposte di legge, votazioni su temi di dibattito pubblico. E questo metodo, attraverso la illusione che infonde, nasconde sostanzialmente una ipocrisia: gli stessi siti che promuovono i temi alla votazione hanno spesso precedentemente indottrinato, unilateralmente e con sapienza, gli eventuali elettori e, comunque, le cronache ci mostrano che non c’è alcuna garanzia sulla tutela dell’identità del votante e sulla integrità del proprio voto. 

Per non parlare della partecipazione estremamente esigua al voto su tali piattaforme; che però hanno la pretesa di legittimare decisioni (come, p.e., quella relativa al recente “Contratto di Governo”) a cui partecipano poche decine di migliaia di persone e che sovvertono, di fatto, quanto deciso da milioni di elettori presentatisi fisicamente alle elezioni. 

Tutto ciò, con la suggestione della disintermediazione dai Poteri, fa credere alle persone di poter incidere direttamente nelle scelte, facendo loro dimenticare che il sistema in uso nelle società occidentali, quello della Democrazia partecipativa, rappresenta finora il metodo più adeguato per la formazione delle decisioni: infatti, in società complesse come le nostre, la stesura dei provvedimenti deve tener conto della molteplicità degli interessi in questa rappresentati. E le leggi, quindi, devono costituire il giusto bilanciamento tra essi, tenendo conto, per quanto possibile, di tutte le istanze. 

Questo lavoro non può che maturare, col tempo, nell’ambito delle Commissioni parlamentari in cui svolgono la loro prevalente attività i nostri rappresentanti eletti; che chiamano in causa, di volta in volta, i settori della società coinvolti ed ascoltano il parere degli esperti. 

Quello che vediamo nelle aule parlamentari è solo la parte finale di tutto questo lavorio: dove un provvedimento può eventualmente anche essere modificato; ma tutto l’impianto è costruito grazie al lavoro precedente. Risultato impossibile da ottenersi discutendo in rete. 

Questo non esclude che il coinvolgimento diretto della popolazione sia necessario ed indispensabile, in taluni casi: penso ai Referendum, alle proposte di Legge popolari, etc.. Ma non possiamo pensare che questo meccanismo possa funzionare per ogni singolo provvedimento. 

Chi fa credere ciò, illude il cittadino: i Parlamentari hanno il dovere di assumere le decisioni per nostro conto ed essere giudicati dagli elettori alla scadenza del Mandato. Con il continuo pungolo della pubblica opinione, durante la Legislatura. 

La Politica ha il dovere di guardare lontano, verso il futuro. L’umore delle masse è, invece, incostante e mutevole. Chi si appella ad esso per giustificare le proprie scelte si sta semplicemente nascondendo dietro un paravento