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Immigrazione: la nuova puntata de L'Editoriale

Immigrazione: la nuova puntata de L

Abbiamo chiesto a delle penne sanvitalianesi di commentare la situazione locale e nazionale: ecco l'ottica del conterraneo Sabato Limonciello

Il tema dell’immigrazione è un tema rovente. All’atto della costituzione del Governo attualmente in carica, Mattarella si è preoccupato di blindare l’adesione all’Unione europea sul versante economico.

Si è scoperto dopo, però, che l’Unione europea è molto più a rischio sotto la spinta delle migrazioni. L’Italia è geograficamente posizionata in modo tale da essere il porto di primo approdo per le migliaia di persone che attraversano l’Africa e giungono da noi, dai porti della Libia. Se si guardasse solamente ai numeri ci si renderebbe conto che l’allarmismo con il quale viviamo tale fenomeno è ingiustificato.

Ma la percezione di insicurezza c’è e con quella bisogna fare i conti. Anche perché essa è stata uno dei motori principali che hanno portato la Lega al Governo e che hanno fatto diventare Salvini il “premier” di fatto.

Intanto diciamo subito che la gestione dell’immigrazione, operata dall'Italia, è pessima: i campi di accoglienza versano spesso in condizioni inqualificabili e le cronache raccontano quotidianamente di ruberie operate da chi ha in affidamento la gestione dei migranti: ai danni dello Stato e dei migranti stessi.

Si aggiunga a ciò la estrema lentezza con la quale in Italia si stabilisce se un “richiedente asilo” è un “avente diritto”. La qual cosa implica il veder girovagare per le strade dei Paesi gruppi di migranti in attesa della definizione del proprio stato.

E’ anche questo che genera la insicurezza. Insieme ad una campagna, operata da alcuni organi di informazione, che amplifica tali fenomeni, enfatizzando le azioni criminali compiute da alcuni di loro. Il Governo attuale vuole marcare la differenza con quelli precedenti soprattutto attraverso un comportamento definibile (alla meglio) “energico”.

Ma io non sono convinto che ciò basti alla risoluzione definitiva del problema. Credo che sia necessario un lungo e complicato lavoro. Nei prossimi anni si stima che la popolazione del continente africano arriverà a circa 2,5 mld di persone per cui, se non si creano le condizioni di uno sviluppo strutturale in quelle terre, le masse di disperati che si riverseranno sulle nostre coste aumenteranno sempre di più (si ipotizza circa 350.000 all'anno). E non basteranno né le chiusure dei porti né i blocchi navali.

E’ necessario, invece, che l’Unione Europea investa in infrastrutture in Africa. Dobbiamo quindi essere consapevoli che parte delle nostre tasse debba essere destinata all’altra sponda del Mediterraneo. Nel frattempo, però, l’Europa, con l’Italia in prima fila, deve stabilire un meccanismo di ripartizione automatica di quote di migranti, dividendone il peso tra i vari Stati. Non si può, ogni volta, chiedere l’aiuto delle altre Nazioni e attendere il loro beneplacito, con i migranti in mare. E si deve avere la capacità di costruire, con la collaborazione dell’ONU e degli Stati Africani, hotspot in quelle terre in modo da determinare all’origine gli aventi diritto e farli arrivare in Europa in tutta sicurezza.

Non mi sembra che la politica dell’attuale governo vada in questa direzione. Si susseguono vertici europei dai quali i nostri rappresentanti si ritirano con la assicurazione di avere la solidarietà degli altri paesi ma, finora, fatti concreti non se ne sono visti. L’impressione è che l’Italia sia ancora lasciata sola: gli sbarchi sono, innanzitutto, un problema nostro e se non riusciamo a convincere le altre Nazioni a fornire una collaborazione sistematica staremo sempre a fronteggiare l’emergenza, con navi cariche di migranti, itineranti per il mare.

Non basta “battere i pugni sul tavolo”; serve un complicato e continuo lavoro di diplomazia, cercando le alleanze soprattutto con i Paesi che hanno la nostra stessa cultura dell’accoglienza.

Sabato Limonciello 

Foto: Blog News