Il Ministro degli Interni, Matteo Salvini, dopo una sequenza impressionante di episodi criminosi verificatisi in Campania, si è finalmente deciso a venire, prima ad Afragola, che aveva nel frattempo subito 8 attentati dinamitardi, e poi a Napoli, dopo la bomba alla Pizzeria Sorbillo, per dimostrare la presenza dello Stato in un territorio da sempre devastato dalla criminalità organizzata.
Il Ministro degli Interni, Matteo Salvini, dopo una sequenza impressionante di episodi criminosi verificatisi in Campania, si è finalmente deciso a venire, prima ad Afragola, che aveva nel frattempo subito 8 attentati dinamitardi, e poi a Napoli, dopo la bomba alla Pizzeria Sorbillo, per dimostrare la presenza dello Stato in un territorio da sempre devastato dalla criminalità organizzata.
Ad Afragola, in particolare, è stato accolto da scene di giubilo da un gruppo di cittadini, uno dei quali si è addirittura prodotto in un baciamano che, ai più, ha ricordato scene, altrettanto ingloriose, di gaviana memoria. Gava, anch’egli, improbabile Ministro degli Interni.
La folla che ha accolto il Ministro era abbastanza orientata: basti pensare alle richieste di alcuni, dirette più alla eliminazione di presunti privilegi (la famosa “scorta”) allo scrittore Roberto Saviano, piuttosto che al necessario ed impellente contrasto alla Malavita.
Per non parlare del baciamano, tributatogli da parte di un tal Francesco Chianese, sostenitore di Pina Castiello, attuale sottosegretaria leghista con delega al Sud, un tempo fedelissima di Nicola Cosentino.
Il Chianese ha dichiarato di aspettarsi l’agognato Reddito di Cittadinanza ma che, comunque, “il baciamano è stato un gesto d’amore, io non avevo mai visto una persona così brava”.
Al di là delle motivazioni e del contesto in cui tale gesto è maturato, la circostanza ci permette di esprimere alcune considerazioni sul ritardo del progresso civile nel Sud riguardo alla concezione del rapporto con il Potere.
I diritti, da noi, sono spesso stati degradati a “favori da ricevere”: un po’ perché è in tanti invalsa la consuetudine di cercare strade “semplificative” per raggiungere l’obiettivo, un po’ perché siamo circondati da tanti personaggi che hanno ottenuto quanto desiderato (e forse anche qualcosa in più) grazie all’aiuto di un “amico”; che, se non può direttamente, può comunque aprire la strada verso “l’amico dell’amico”.
Questa mancanza di civica rivendicazione di quanto ci spetta, credo provenga storicamente dalla circostanza che il nostro popolo non ha quasi mai vissuto l’epoca dei Comuni che, in altre parti d’Italia, ha reso protagonisti i cittadini nella creazione delle istituzioni, rendendoli artefici, col proprio ruolo attivo, della costruzione di un consesso civico che debba avere, come stella cometa, il benessere di tutti.
Questa mancata crescita di coscienza civica ha portato a considerare lo Stato come distante, lontano dalle esigenze dei cittadini, anzi usurpatore delle proprie ricchezze, con l’ingiunzione di tasse e balzelli che non sono stati visti come un tributo necessario al funzionamento della macchina amministrativa, con ricadute benefiche sui cittadini stessi, ma una modalità truffaldina di arricchimento di pochi a danno del popolo.
Ed il popolo, allora, per ottenere ciò a cui ambisce, si rivolge al sottobosco, quei piccoli potentati, pasciuti all’ombra del Potere, che si fanno carico di recepire le sue istanze, formulate in forma di perorazione, e di soddisfarle con una discrezionalità che è tanto più marcata quanto più è necessaria all’affermazione del proprio ruolo.
Come si può direttamente constatare, questo non è solo un retaggio del tempo che fu. Persiste ancora, in ampi strati della popolazione, affascinati dal mito dell’Uomo Forte che tutto può e tutto risolve ed a lui sottomessi.
La speranza è che queste secche di ignoranza civica e di mancanza di dignità vadano progressivamente ad estinguersi