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Autonomia differenziata: una sfida cogliere

Autonomia differenziata: una sfida cogliere

E’ necessario contrastare in maniera decisa la tendenza di separare le regioni ricche d’Italia con il resto del Paese ma bisogna prepararsi a discutere di federalismo presentandosi, come Sud, a testa alta. Rinnegando l’immagine di un sud straccione, inconcludente, clientelare, amministrativamente nullo; altrimenti non avremmo nessuna credibilità. Dobbiamo, invece, presentarci come una classe dirigente che fa una battaglia di civiltà.

Il progetto dell’Autonomia differenziata, portata avanti dalle Regioni del Nord, Lombardia e Veneto, alle quali si è aggiunta l’Emilia Romagna, prevede in estrema sintesi che, senza riforme costituzionali, inizi un percorso verso un sistema confederale nel quale alcune Regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese diverse.

Infatti, se il principio è quello di trattenere sul territorio la maggior parte delle tasse pagate dai cittadini, va da sé che Regioni più ricche, a livello di reddito, disporrebbero di risorse ancor maggiori di quelle attualmente detenute mentre quelle più povere, regredirebbero sempre di più.

L'autonomia è certamente da promuovere ma solo se fosse adeguatamente motivata e se aumentasse l'efficacia e l'efficienza nell'uso delle risorse, senza compromettere il requisito di solidarietà nazionale o, per dirla meglio, i diritti di "altri" cittadini.

A questo progetto si stanno fieramente opponendo alcune Regioni meridionali, capeggiate dalla Campania, ma purtroppo ancora in ordine sparso.

Infatti è stato proprio il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, a formulare una proposta in cinque punti per una piattaforma programmatica che miri a unire il Nord al Sud nel segno del lavoro e dello sviluppo, nel quadro di “una rinnovata coesione nazionale”.

Un sì al federalismo, con una sfida, però: la necessità di un fondo dedicato di incentivazione per le amministrazioni virtuose del Sud che faccia recuperare il divario di civiltà che esiste.

E’ necessario contrastare in maniera decisa la tendenza di separare le regioni ricche d’Italia con il resto del Paese ma bisogna prepararsi a discutere di federalismo presentandosi, come Sud, a testa alta. Rinnegando l’immagine di un sud straccione, inconcludente, clientelare, amministrativamente nullo; altrimenti non avremmo nessuna credibilità. Dobbiamo, invece, presentarci come una classe dirigente che fa una battaglia di civiltà.

I cinque punti del Piano De Luca per il nuovo federalismo, sono sinteticamente:


1)  Verifica oggettiva di quante risorse si spendono per i diversi servizi pubblici sia al Nord che al Sud.

2)    Spesa storica: Va costruita una fase di ripartenza, con fondi dedicati per il recupero dei territori virtuosi del Sud, realizzando le condizioni quindi per risalire e riemergere.

3)    Costi standard: Va accettata la sfida dell'efficienza ma con fondi dedicati per il recupero del gap se bene utilizzati.

4)    Fondo perequativo: Seguendo quanto afferma l'art.119 della Costituzione, garantire la coesione e la solidarietà colmando il divario di sviluppo e di reddito.

5) Fondo per la coesione: Riservare il 35% dei fondi nazionali al Sud con verifica puntuale dell'efficienza nell'amministrare i finanziamenti.

Io penso che la Regione Campania abbia le carte in regola e possa stare al tavolo della discussione a Roma per difendere gli interessi di tutti i suoi cittadini e dell’intero Mezzogiorno. L’Italia rimane un grande Paese se sa tenere insieme la grande tradizione e la forza economica di Milano, della Lombardia e dell’intero Nord con la cultura, le eccellenze e la voglia di chi oggi accetta la sfida dell’efficienza a Napoli, in Campania e nel Sud.